Melanconia, dal greco melania (nera) e cholè (bile).Figlia prediletta di Saturno, la Melanconia ermetica è la fase preliminare e necessaria di ogni processo creativo. La rivalutazione conoscitiva di questo temperamento risale ad Aristotele che unifica la concezione medica ippocraticogalenica con il concetto socratico platonico di furore (daimon).

Shakti, Shanti


.Lettera a Qualcuno.

Caro Qualcuno,
gli anni passano e l'unico modo decente che io conosco per comunicare con le persone che amo restano sempre le parole scritte. Verba volant eccetera. Ma soprattutto io a parole parlate mi esprimo male, non solo in maniera sgrammaticata, ma proprio male perchè parlo a ruota libera e senza pensare e non ho il tempo di fermarmi per rileggermi ed eventualmente correggermi. Così quando parlo finisce che non riesco mai a dire tutto quello che penso e che sento o lo dico male o poi alla fine evito di dirlo perchè mi sento ridicola/inadatta/dislessica/idiota. Allora scrivo. In maniera prolissa, devo ammetterlo, ma efficace. Almeno credo.
E' che poi io e te ci si vede dopo secoli e allora ci si chiede com'è che si invecchia a distanza e perchè mi fa spece specchiare le mie rughe nuove nel tuo vecchio cuore e viceversa. E allora mi ricordo di quando eravamo bambini e giocavamo a guardie e ladri e se non capitavamo nella stessa squadra uno dei due si faceva male di proposito, perchè era l'unico modo per saltare il turno e non giocare. Che poi noi volevamo sempre fare i ladri che le divise non ci son mai piaciute. E infatti nemmeno volevamo stare divisi.
E poi non lo so cosa mi prende oggi, ma è un periodo strano. E' uno di quei giorni che mi sveglio e non ho fame e non mangio per tutta la giornata e sento la fiacchezza nelle gambe e vorrei lasciarmi svenire in un angolo, ma con piacere. Uno di quei giorni in cui vorrei bere caffelatte e mangiare pane posso, come quando facevo colazione a casa dei miei nonni da bambina. Oppure saltare dal punto più alto del fienile sull'erba secca e ritrovarmi le spighe che pungono anche nelle mutande. O sentire la legna che scoppietta nella stufa economica. O avere un fazzoletto in testa e le dita viola di succo e di sangue per aver raccolto troppe more nel roveto. O sentire la voce di mio nonno che mi intima di smetterla di saltare sui sassi viscidi del torrente perchè rischio di farmi male. E andare a tuffarci alla cascata in quella che per noi era una piscina e anche una vasca da bagno. E vorrei ancora cercarti per ore anche se so benissimo che ti sei nascosto al pozzo delle volpi. E vorrei ancora arrampicarmi sul melo e sparire per un po' tra le foglie verde smeraldo e il sole che filtra fra i rami fitti. E fare le ombre cinesi sui panni stesi al sole in terrazzo e restare accecati dal sole che si riflette sulle lenzuola bianche. E costruirci delle canne da pesca con i rami secchi e un po' di spago, illudendoci che sia sufficiente una foglia per acchiappare qualche trota. E andare a raccogliere le castagne e le nocciole senza perderci nel bosco, che è casa. E trovare le prime primule e portare tutti quelli che conosciamo a vederle perchè così si sa che è già primavera. E scappare di corsa dalle stalle quando una vacca muggiva troppo forte o un asino scalciava. E nasconderci al lavatoio per vedere la vecchia matta che tira il collo alle galline e poi dire "Ooh, oddio che schifo, che male, che brutta fine!". E annoiarci a morte quando ci toccava sistemare l'orto e strappare le erbacce. E divertirci da matti quando dovevamo trovare le uova. E guardare i conigli nati a primavera e mettere un dito nella gabbia per toccarli e farsi mordere e poi dire che ci siam chiusi le dita nella porta perchè altrimenti ci sgridano. E raccogliere crocus e margherite e papaveri e ranuncoli, ma evitare il tarassaco perchè "è il fiore del diavolo". E farci venire il mal di pancia a furia di succhiare nettare dall'erba cucca. E schiacciare le foglie secche e restare a bocca aperta sotto la pioggia o la neve, però evitare le pozzanghere perchè che schifo. E far saltare i sassi sull'acqua calma del laghetto, che tanto io sono più brava di te. E prendere le lucertole sui muretti di sasso seccati dal sole e se andava male restare a guardare la coda che si contorceva. E se tu hai perso un guanto puoi mettermi una mano in tasca, però aspetta che sposto le caramelle dall'altra parte. E sbucciarci le ginocchia rotolando giù dalla riva erbosa del prato. E dormire sull'amaca, io di qua e tu di là. E tirarci le palle di neve, ma non ghiacciate che quelle fanno male. E fare a gara a chi piscia più lontano, anche se tu hai cinque centimetri di vantaggio perchè hai il pisello e io no, però io piscio in piedi come i maschi lo stesso. E tu che fai a pugni per difendermi da un cretino. E io che tiro le trecce a una cretina che ti prende in giro. E tutti e due che finiamo in castigo dietro la lavagna, ma siamo felici lo stesso perchè siamo insieme. E fare il corridoio in scivolata sulle ginocchia quando nessuno ci vede. E dividerci pane burro e marmellata perchè tanto tu ti dimentichi sempre la merenda da qualche parte. E tu che mi dai mezzo tubo di caramelle morbide alla frutta la volta dopo, per ricambiare. E se tu mi abbracci io un po' mi vergogno però tanto qui nell'erba alta non ci vede nessuno allora possiamo anche starcene qui così per un po'. E poi secondo me quella nuvola lì sembra proprio un coniglio, altro che elefante. E non farmi il solletico altrimenti me la faccio addosso. E se stai fermo le api non ti pungono, ma sti cazzi che mi allontano lo stesso. E correre fino a restare senza fiato e bere l'acqua alla sorgente. E oddiooddio, quello è un cervo vero altro che Bambi, non far rumore.
E poi io che me ne vado, noi che si cresce, tu che mi racconti e io anche. Noi che ci si perde e poi ci si ritrova. Tu che parti e io che resto. Tu che torni e io che sto bene. Tu che riparti e io che sono felice per te. Tu che torni e a me piace. Tu che mi ami e io che no. Tu che riparti e io che non so. Tu che torni e forse adesso parto io, ma da un'altra parte.
Insomma, cose così. Le costanti siamo tu e io, sono solo le circostanze che cambiano, ma tanto quelle cambiano sempre e lo sappiamo. Però io e te siamo costanti, questo è già qualcosa, meglio di niente. Anzi, direi che è molto. Ma lo dico solo io e io voglio cose diverse da quelle che vuoi tu, mica come quando ci litigavamo gli smarties rossi. Per cui ora, per favore, davvero, finiamola. Alla fine di tutti i discorsi fatti, io continuerò a tornare a te e tu a me, solo perchè ci viene naturale. Ed è bello anche così, pure se non ha un senso comune. Perchè alla fine un senso ce l'ha.
Mi sa che ho finito.

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